In uzbeko Kopkari è "affari di molte persone", nel resto dell'Asia centrale è Buzkashi "acchiappa la pecora" e difatti questo è; bisogna afferrare il "uloq" (una carcassa di pecora) lanciata dall'arbitro e, tutti contro tutti, portarla lontano dal recinto di gara per vincere l'incontro; oggi come al tempo dei Mongoli di Gengis Khan, quando la competizione era riservata ai cavalieri che si contendevano i nemici catturati in battaglia. Il rituale si svolge all'inizio della primavera durante la festa del Navruz, in occasioni speciali, come il raccolto oppure in occasione di matrimoni. Siamo arrivati non invitati e certo non potevamo non dare nell’occhio; oltretutto c’erano donne nel gruppo, le uniche presenti nel raggio di chilometri, ad esse non è concesso partecipare, l'evento è solo per uomini. Alcuni di noi sono discesi nel campo di gara per seguire da vicino la sfida sempre con un occhio vigile al movimento degli Dzhigit sui loro cavalli in corsa. Qualche poliziotto mimetizzato tra la folla, uni di loro ci ha consigliato di andar via per la nostra incolumità. Siamo rimasti. Nessuno di noi ha avuto sentore di pericolo; questa gente cresciuta nel rigore sovietico sa come stare al suo posto.
In Uzbek Kopkari is "business of many people", in the rest of Central Asia it is Buzkashi "catch the sheep" and indeed this is; you have to grab the "uloq" (a sheep carcass) thrown by the referee and, all against everyone, take it away from the competition enclosure to win the match; today as in the time of the Mongols of Genghis Khan, when the competition was reserved for knights who competed for enemies captured in battle. The ritual takes place in early spring during the Navruz festival, on special occasions, such as the harvest or at weddings. We arrived uninvited and certainly we could not fail to attract attention; moreover, there were women in the group, the only ones present within a radius of kilometers, they are not allowed to participate, the event is only for men. Some of us descended into the competition field to follow the challenge closely, always with a watchful eye on the movement of the Dzhigit on their running horses. A few policemen camouflaged in the crowd, one of them advised us to leave for our safety. We remained. None of us had any inkling of danger; these people raised in Soviet rigor know how to stay in their place.